Descrizione
Il cimitero monumentale presso la chiesa di San Prospero, chiuso alle sepolture dal 1982, è un contenitore della memoria civica e un vero e proprio museo dell’arte dalla prima metà del XIX al metà del XX secolo a cielo aperto. Oltre a offrire un suggestivo repertorio di immagini ed epigrafi volte a eternare la memoria delle azioni e delle virtù dei cittadini, anche attraverso significative tombe in ceramica, tra le quali spicca quella della famiglia Rubbiani, imprenditori della locale celebre manifattura di maioliche e terraglia, passeggiando sotto i portici di questa “città specchiata” è possibile ripercorrere i più interessanti esiti della scultura modenese dalla prima metà del’Ottocento alla metà del Novecento.
Elementi di interesse
La storia del cimitero
Sorto all’inizio dell’Ottocento nel luogo in cui già nel 1630 trovarono sepoltura numerosi morti di peste, il cimitero monumentale di San Prospero fu oggetto di un consistente intervento di ampliamento, terminato solo all’inizio del Novecento, destinato ad allargare l’area destinata alle sepolture a terra e a realizzare una serie di avelli per le famiglie più illustri. Nonostante il modello al quale s’ispira sia quello del camposanto monumentale, la forma scelta non è quella tradizionale “a quadrilatero”, dovuta al frequente riutilizzo di precedenti strutture claustrali, bensì una forma “a campana”, che offre un percorso coperto simmetrico rispetto al viale centrale e aperto sul camposanto interno, una forma non rettilinea che richiama l’“abbraccio” materno della Chiesa. Pur non escludendo un iniziale progetto unitario, al momento non rintracciato, con ogni probabilità questa forma particolare pare essere nata spontaneamente, a partire dal braccio di sinistra, giustapponendo i tombini di famiglia lungo il percorso curvilineo della strada circondariale (attuale via San Prospero). Il modello architettonico del primo avello di sinistra, progettato dall’architetto ducale Giovanni Lotti nel 1834 per la famiglia Manfredini (attuale tomba Ruggieri), sarebbe infatti stato imposto alle altre famiglie che intendevano costruire la propria tomba, venendo così a creare un portico dagli “occhi” tutti uguali giustapposti gli uni agli altri. Una volta completato l’acquisto dei terreni sul fronte opposto, poi, l’andamento curvilineo che seguiva la strada circondariale sarebbe stato ripreso in maniera speculare, dando così origine all’assetto “a campana”, completato, con la costruzione dell’ultimo avello, nel 1914.
Le ceramiche e le sculture del cimitero
Tra le numerose tombe di famiglia, nel braccio di sinistra si segnalano per il loro ornato: quella degli Strucchi per il busto verista di Margherita Mundatori Strucchi, opera in gesso del sassolese Gaetano Gandini del 1886; quella dei Rubbiani, realizzata in ceramica dal decoratore fiorentino Carlo Casaltoli nel 1891; quella dei Piva, per la neorinascimentale Madonna col Bambino scolpita dal modenese Girolamo Bonomi nel 1928; quella dei Venturelli, per i ritratti entro clipei del reggiano Guglielmo Fornaciari e del modenese Marino Quartieri. Nel braccio di destra: quella dei Marazzi, in cui campeggia il busto di tre quarti del giovane Eusebio realizzato in pasta di marmo dal sassolese Fernando Prampolini nel 1933; quella dei Monti, che commissionarono nel 1927 al citato Bonomi l’Allegoria del ricordo, in cui paiono confluire la suggestiva e vigorosa rivisitazione dei maestri del Quattrocento ferrarese e le impressioni del “misticismo mentale” e dell’insolito “Liberty espressionista” di Adolfo Wildt; quella dei Fontana, col Ritratto di Piero di Marino Quartieri, del 1961, busto memore delle opere post-impressioniste di Giuseppe Graziosi; quella dei Sighicelli, col bellissimo rilievo in terracotta patinata a bronzo, del 1910, raffigurante Due dolenti che compiono un sacrificio presso un’ara del modenese Armando Manfredini, altissimo esito del Liberty modenese; e ancora quella dei Gibertini, col busto di Vincenzo Gibertini fuso in bronzo dal reggiano Egidio Giaroli dopo il 1968; quella dei Ceccarelli, con due statue allegoriche del modenese Silvesto Barberini d’inizio Novecento; infine quella Zanni Dieci, in cui su un alto basamento è il carducciano busto di Luciano Barozzi, scolpito in marmo dal sassolese Ciro Zironi nel 1874.
Bibliografia
Il cimitero monumentale di San Prospero di Sassuolo. Alla scoperta del patrimonio storico e artistico dei luoghi della memoria, a cura di Vincenzo Vandelli, Sassuolo, Incontri Editrice, 2008 (in cui si segnalano il saggio di Ilaria Fangareggi sulla storia del cimitero e quello di Luca Silingardi sulle sculture del cimitero).
Modalità di accesso
Ingresso gratuito
Indirizzo
Contatti
Ultimo aggiornamento: 25-09-2023, 10:07